C’è stato un periodo, un breve periodo, in cui il nome di questa ragazza aveva scalzato su Google persino quello della sua celeberrima omonima, Kate Middleton.
Erano i giorni del dolore, quelli in cui ti bastava digitare Kat, le prime tre lettere di quel nome fino ad allora sconosciuto, e subito ti compariva lei, Kate Fretti, quasi fosse una star.
Ma poi la vedevi, cercavi le sue foto che stavano ormai invadendo il web, e ti rendevi conto che della star non c’era nulla.
Osservavi quel viso semplice e al di là dei particolari tratti esotici, riuscivi a scorgere la ragazza della porta accanto, l’amica, la figlia.
La sentivi parlare, con la fatica dell’emozione, e ti veniva teneramente voglia di aiutarla a completare il discorso.
Poi, col passare dei giorni, pochi a dire il vero, la “classifica” dei nomi più gettonati si era ricomposta: la futura regina al primo posto, l’attrice al secondo, la modella al terzo, persino cantanti ormai quasi dimenticate salivano nella graduatoria…
E Kate scendeva sempre di un gradino, verso l’anonimato.
Penso fosse quello che desiderava. Credo, sono certa, non abbia mai voluto salire sul fatuo piedistallo della notorietà, assurgere al ruolo di star, sfruttare il nome di Marco, come erroneamente alcuni hanno insinuato.
Marco poteva avere veline, aspiranti show-girl, gieffine in cerca di notorietà, personaggi che popolano quotidianamente il mondo dello showbiz.
E Marco ormai faceva parte di quel mondo, era invitato ovunque, grazie non solo al suo talento, ma anche al suo carattere solare, coinvolgente.
Era corteggiato da popolarissime trasmissioni televisive (Chiambretti, Le invasioni barbariche, Scherzi a parte…) poteva conoscere e frequentare chiunque, poteva incontrare personaggi noti e, soprattutto, in cerca di notorietà, gente che bazzica il mondo dello spettacolo per lavoro o per convenienza.
Ma dal 2006 al 2011, per 5 anni prima della sua tragica morte, aveva scelto di non frequentare una qualunque starlette: aveva scelto lei, Kate.
La sconosciuta ragazza della porta accanto che non ambiva ad essere riconosciuta come “la ragazza di” o a far strada davanti ai riflettori grazie a quella relazione.
Ammetto, non sapevo neppure chi fosse Kate Fretti.
Dirò di più: non sapevo neppure che Marco Simoncelli fosse fidanzato, dando per scontato che uno come lui, che piaceva alle ragazze di mezzo mondo, avesse una storia via l’altra, forse a “causa” di quel suo carattere gioviale, quel buffo aspetto da rubacuori.
Mi ha colpito proprio per questa sua serietà, che sembrava stridere con l’immagine da “patacca” romagnolo e con i vantaggi di conquista che innegabilmente la notorietà porta con sé.
Così come mi ha colpito Kate, agli antipodi del divismo.
Per questo motivo ho deciso di contattarla per fare una chiacchierata con lei, come due ventenni che si incontrano e si raccontano la propria vita o, purtroppo, “il giorno di dolore che uno ha”.
7 dicembre 2011
Piccola.
È la prima parola che mi viene in mente quando incontro Kate, che mi aspetta sulla porta della sua casa di Bagnatica (BG) con dei semplici pantaloni della tuta, le pantofole, struccata e con una coda bassa a raccoglierle i capelli lunghi e liscissimi.
Per un attimo mi sembra di non essere lì per lavoro, ho l'impressione di essere di fronte a una mia amica con cui devo andare in università o a fare shopping: «Ancora non sei pronta?» le direi con un sorriso.
Invece no, sono lì per chiacchierare con lei, e si presenta in tutta la sua genuinità, stretta con le braccia conserte per il freddo dei primi giorni di dicembre.
Mi fa strada su per le scale della sua villa, incrociando anche lo zio che mi saluta distrattamente, come si dà il buongiorno ai vicini di casa che vedi abitualmente.
Una volta entrate in casa, ci sediamo al tavolo della cucina: poco dopo arriverà sua madre e mi offrirà un caffè, per poi sparire dalla porta negli impegni mattutini.
Piccola, sì, ma con una forza da gigante dentro sé, Kate: parlando noto che sull'anulare sinistro ha un tatuaggio fatto da poco (la pelle ancora leggermente gonfia e lucida), una piccolissima scritta: “Sic”.
Mi viene da chiederle quando l'ha fatto e lei mi spiega che ha tra settimane, si ferma un attimo, distoglie lo sguardo e manda giù un boccone che probabilmente è troppo amaro per una ragazza della sua, della nostra, età e poi riprende a parlare con il sorriso.
In questo momento mi rendo conto che non c'è nulla di costruito in questi silenzi, non c'è la premeditazione del divismo ma piuttosto la compostezza di un sentimento vero, sincero.
Iniziamo la nostra chiacchierata parlando proprio di tatuaggi e piercing: io le mostro i miei e le chiedo se ne ha altri, così Kate abbassa appena l'elastico dei pantaloni per scoprire un piccolo sole con una rosa al centro, che le ispirava tanta originalità quando l'aveva fatto qualche anno fa, mi racconta, ma che ora trova abbastanza banale.
«Poi ne ho un terzo sulla caviglia, fatto proprio ieri sera.» aggiunge, ma la frase le esce di bocca più concisa delle precedenti, si ferma un attimo e lì capisco che non devo, non voglio andare oltre.
Rimane il suo segreto, e mi piace che sia così.
Cambiamo discorso: «Ti va un po' di Estatè al limone?» mi chiede, allungandomi la bottiglia e passandomi un bicchiere, con un gesto informale, che ci fa sembrare amiche di vecchia data.
Accetto volentieri, e scopriamo di avere un'altra cosa in comune: quella è la nostra bevanda preferita.
Parliamo di un suo piercing, fatto all’ombelico senza dire nulla ai genitori e neppure a Marco che «era abbastanza contrario a queste cose qui.».
«L’avevo tenuto nascosto per un po’, sotto la maglietta. Tanto, mi ero detta, quando lo scopriranno sarà passato un po’ di tempo e ormai non si arrabbieranno più… Un po’ come quando i genitori ti vedono un altro vestito nuovo e tu ti giustifichi dicendo “Questo? Ah si, l’avevo preso un sacco di tempo fa!”. Poi un giorno Marco mi aveva sfiorato la pancia e io avevo fatto una smorfia, dicendo che a pallavolo avevo preso una pallonata che mi aveva fatto male. Tu dimmi! Una pallonata sulla pancia: come mi era venuta in mente una scusa così?! Poi Marco l’aveva visto e ridacchiando aveva detto a mia madre “mi sa che la Kate deve dirti qualcosa…” e io da dietro a fargli cenno “Ma sei scemo?”».
E’ più rilassata e colgo l’occasione per togliermi una curiosità.
«Posso chiederti una cosa?».
«Si, certo!» risponde di getto, senza esitazione né il minimo sospetto di pensare a quale potrebbe essere l’argomento.
In quel preciso istante, nella sua disponibilità senza riserve, sento che si è stabilita un’empatia, un contatto.
Penso abbia percepito che non voglio speculare sul sensazionale ma
semplicemente conoscerla per raccontarla.
«Ma tu sei una modella? Hai mai fatto quel lavoro?».
“Mai”, risponde, e neppure mi chiede il perché di questa domanda.
“Meno male!” esclamo e subito aggiungo, temendo di offenderla “Scusa, ma sarebbe stato come scoprire che mi ero sbagliata sul tuo conto. Ti immagino così lontana da quel mondo… Però l’ho letto l’altro giorno, su una rivista. Parlando di te ti definivano “la modella”, chissà perché l’hanno scritto.”
“Perché scrivono un sacco di cavolate. Come quando Marco aveva fatto la pubblicità della Wii con la Moreira e avevano scritto che avevamo litigato pesantemente perchè ero gelosa.”.
Lo racconta, ma la cosa sembra non sfiorarla, non interessarla neppure.
Passiamo a parlare di un filmato visto la sera prima su Youtube, con la partecipazione di Marco al Chiambretti Night.
“Tu c’eri immagino”, le chiedio “Lo seguivi anche in questi impegni, giusto?”.
“Si, si. Ero con Luca Cassol, capitan Ventosa. Ci aveva accompagnati lui lì, e quando il presentatore, come si chiama…”
“Chiambretti” suggerisco.
“Ah sì, giusto, Chiambretti, che scema…” si ferma un attimo a ridere «quando ci ha chiesto se volevamo sederci al tavolo degli amici e parenti, io ho guardato Luca e ho risposto subito “nooo!”. Non faceva per me.».
«In effetti non ti ci vedo ospite in un programma, tipo Porta a Porta...»
«Non so cosa sia…» ammette sorridendo timidamente.
Giuro, a questo punto le darei un bacio in fronte!
Non sa chi conduce il Chiambretti Night e non conosce Porta a porta!
Sembra incredibile detto da lei, fidanzata di un campione corteggiato da tante trasmissioni televisive, lei di cui tanto si è detto, e spesso a sproposito, lei che ha frequentato assiduamente certi ambienti per seguire il suo amore.
Ecco, l'ho trovata: è questa la Kate che cerco, con cui volevo parlare e che voglio raccontarvi.
Conoscendola, ho capito: si può essere speciali pur restando estremamente normali.
Meglio: si diventa speciali quando si resta normali.
Di quella normalità che “paga”, che ti fa ricordare, come nel caso di Marco, e che ti fa “scegliere” da un ragazzo speciale, come nel caso di Kate.
Perché Kate è così: come la vedi.